La Dr.a Maddalena, la pistoiese specializzanda in Geriatria
che si occupava della Pediatria, della Medicina Donne e della Tisiologia, è
partita domenica 12 e da quel giorno io ho dovuta sostituirla mentre al resto
dell’Ospedale, cioè Medicina Uomini, Chirurgia e Ostetricia, pensava il comasco
chirurgo Dr. Massimo. Con lui si lavorava molto bene, in un continuo confronto
di idee e conoscenze … certo le sue molto superiori alle mie, visto che da
sempre fa il chirurgo ospedaliero, prima in Italia e ora nel Canton Ticino,
mentre io per tanti anni mi sono occupato di medicina preventiva e non curativa
e anche qui a Chiulo mi occupo di come organizzare e gestire meglio l’Ospedale
e non della cura dei singoli malati.
Ma mercoledì è partito anche lui e così per 4 giorni, da mercoledì
a sabato compresi, sono rimasto proprio solo, con tutto l’Ospedale da seguire e
una varietà di casi impressionante. Per fortuna ci sono pochi bambini
ricoverati (neanche 30 … mai visti così pochi!) per cui in totale abbiamo meno
di 200 pazienti … comunque è stata dura. Devo dire però che la Medicina
Curativa da molte più soddisfazioni di quella Preventiva e del Management!
Intanto gli Infermieri mi hanno aiutato molto, facendomi
sentire senz’altro meno solo. Poi è una gran soddisfazione vedere una ragazzina
magrissima di 12 anni, con una polmonite gravissima, che sembrava dovesse
morire da un momento all’altro, prima riprendersi lentamente, poi vederla
seduta sul letto che mangiava da sola e infine andarsene con un gran sorriso sulla
faccia e la madre che mi ringraziava!
Purtroppo, non essendo io un chirurgo, ho dovuto trasferire
all’Ospedale Centrale di Ondjiva, la capitale di questa regione, 3 casi: una
16enne al suo primo parto ma col bacino ancora non ben sviluppato, che quindi
probabilmente avrebbe avuto bisogno del parto cesareo; una 22enne con dolore
addominale, massa nella fossa iliaca destra e test di gravidanza positivo,
quindi con una diagnosi obbligatoria di gravidanza extrauterina. A dire il
vero, quando mandiamo qualcuno a Ondjiva non sappiamo che fine facciano, come
li trattino; solo raramente qualcuno ha avuto occasione di tornare da noi e il
trattamento che gli hanno fatto di solito non ci è piaciuto, come la donna in
gravidanza con frattura del femore che avevamo mandato perché lì, tra i 40
medici in servizio, c’è anche un ortopedico, che in questi giorni è tornata con
un gesso che non serve a niente mentre ci aspettavamo che le mettessero delle
comuni placche e viti, permettendole tra l’altro un parto normale, ora molto
problematico con questa gamba che non può piegarsi sulla coscia … . Tornando a
Chiulo, il terzo trasferimento l’ho dovuto chiedere per una ragazzina di 14
anni investita da un camion qui vicino. E’ arrivata già in collasso per il
sangue perduto, pressione e polso non si sentivano; dalla gamba sinistra,
squarciata, sporgevano pezzi di tibia e perone; nella faccia interna della coscia
destra un profondo taglio dall’inguine al ginocchio esponeva i muscoli, come in
un libro di anatomia; indossati i guanti sterili ho potuto constatare che l’arteria
femorale, protetta da un muscolo, non era stata tagliata .. e d’altra parte, se
lo fosse stata, sarebbe morta dissanguata sul posto dell’incidente; ma la ferita
più grave era uno sfondamento del basso addome, appena sopra l’osso pubico: lì,
in profondità, non si vedeva un granchè, ma erano probabili frattura del bacino
ed emorragia interna. Ci siamo mobilitati tutti: i laboratoristi hanno misurato
l’anemia e soprattutto organizzato in poco tempo una trasfusione; nell’attesa
del sangue, donato da una zia, gli ho fatto mettere un suo sostituto, l’hemagel,
di cui abbiamo una buona scorta; intanto le infermiere della sala operatoria
fissavano e bendavano le ferite alla gamba e alla coscia, le sollevavano gli
arti per permettere al poco sangue rimasto di affluire meglio al cervello e
iniettavano antibiotici e antidolorifici .. insomma un “bel” momento come
équipe … non eravamo a “E.R. Medici in prima linea” ma era quanto di più simile
ci si potesse aspettare quaggiù. Alla fine l’abbiamo caricata sulla nostra
Ambulanza, regalataci recentemente dal Ministero della Salute, accompagnata
dalla zia che aveva dato il sangue, alla quale abbiamo dato una flebo da bere e
dei soldi per comprarsi qualcosa per
pranzo e sostituire il mezzo litro di sangue che aveva dato. L’ambulanza ha
forato ma, con tutte le buche che ci sono sulla pista, l’autista non se ne è
accorto subito ma solo quando ormai il pneumatico era a strisce,
irrecuperabile; tentando di sostituire la ruota il crick è sprofondato nella
sabbia per cui l’ambulanza si è inclinata improvvisamente e sono dovuti
intervenire passanti e altri automobilisti a dare una mano … tutto inutile: la
ragazzina è morta prima di arrivare a Ondjiva, e anche se ci fosse arrivata non
credo che si sarebbe salvata, vista la gravità delle lesioni riportate. Seconda
vittima dell’incidente, la nostra Ambulanza, priva ormai di ruota di scorta, è
inutilizzabile finchè non riusciremo a comprare almeno una nuova ruota.
Un altro trasferimento invece ho potuto evitarlo: una 25enne
al quarto mese di gravidanza ha abortito qui in ospedale ma la placenta non era
uscita e quindi le ostetriche mi hanno chiamato perché perdeva molto sangue. Non
c’è bisogno di essere chirurghi per fare un raschiamento uterino: il collo dell’utero
era ben aperto ma le ho somministrato ugualmente un antidolorifico e un
sedativo, per non farla soffrire minimamente; con lei profondamente
addormentata, usando lunghe pinze ad anelli e un apposito cucchiaio
raschiatore, ho accuratamente estratto l’abbondante materiale placentare, poi le
ho fatto somministrare un prodotto che aumenta la contrazione dell’utero, e
quindi blocca l’emorragia, e degli antibiotici; ieri l’ho dimessa con
antibiotici da prendere a casa (abita qui vicino) e se n’è andata sorridente, con
marito e familiari sorridenti anche loro: arrivederci tra 1 anno, per il nuovo parto!
Ma altri pazienti non ce l’hanno fatta in questi pochi
giorni: abbiamo finito i farmaci per l’epilessia e un giovane di 18 anni, che
non li prendeva da un paio di settimane, è arrivato in ospedale con convulsioni
continue; ho provato a dargli un antiepilettico di cui abbiamo ancora un po’ di
fiale, ma è ugualmente morto la notte successiva al ricovero; questa degli
epilettici è una questione particolare: l’ospedale ne seguiva solo 2 ma poi un
progetto finanziato dal CRS (Catholic Relief Service, la Caritas degli USA) ha
permesso di comprare un buon quantitativo di farmaci e di creare una rete di “attivisti”
che, oltre a occuparsi dei malati di AIDS (il bersaglio principale del
progetto) permette di seguire varie malattie croniche (tubercolosi, lebbra,
denutrizione infantile, ipertensione, insufficienza cardiaca ecc.) tra cui gli
epilettici e proprio tra questi ultimi il successo è stato superiore ad ogni
previsione: se ne sono presentati finora quasi 90, esaurendoci i farmaci che
avevamo ritenuto più che sufficienti; altri farmaci anti-epilettici (e anche
quelli per la tubercolosi, esauriti anche loro), che abbiamo comprato in Olanda,
sono bloccati a Luanda per problemi burocratici … speriamo possano arrivare
presto.
Un altro che non ce l’ha fatta è stato un neonato di 12
giorni, bello grassottello, che non aveva niente di preciso, non tosse, non
diarrea, non parassiti malarici nel sangue, eppure era grave ed è peggiorato
durante il ricovero per cui l’ho messo in trattamento antibiotico “pesante”,
ipotizzando una “sepsi neonatale”; alla fine cominciava anche a manifestare i
sintomi di una meningite e la cura era quindi adeguata però è stato comunque troppo
tardi e ieri notte se n’è andato.
Ieri sera, finalmente, è tornata dalle ferie la coppia di
anziani medici curanti, che quindi già oggi hanno ripreso in mano l’ospedale, sollevandomi
da questo stress a cui non sono più abituato.
Torno ai miei problemi di gestione ospedaliera, abbastanza soddisfatto
di come ho affrontato questa nuova breve ma impegnativa sfida.
Cari saluti a tutti.
Marco