L'aereo dell'Ethiopian Airlines diretto a Addis Abeba era pieno, soprattutto di anziani tedeschi, perlopiù sovrappeso. Siamo partiti con 40 minuti di ritardo ed ero quasi disperato perchè si prospettava la perdita della coincidenza per Luanda per la terza volta. Invece abbiamo guadagnato 10 minuti in volo, poi a Addis ci hanno fatto andare nella sala d'attesa del volo per Luanda senza passare dai minuziosi controlli, infine anche quel volo è partito in ritardo, quindi nessun problema. E poi nell'aereo, su oltre 300 posti disponibili, eravamo solo una quarantina, mai successo prima!
Il volo è stato molto bello e vario: il sole è sorto illuminando i laghi della Rift Valley etiopica giù giù fino al Lago Turkana con le sue rive coperte per chilometri verso l'interno dal fitto reticolo di erosioni provocate dai torrenti che vi scorrono nella stagione delle piogge (fino ad agosto); poi abbiamo superato il massiccio del Monte Moroto passando in Uganda, sopra al nostro vecchio ospedale di Matany; quindi abbiamo sorvolato il Lago Kyoga, praticamente un vasto impaludamento del Nilo Bianco, e la riva settentrionale del Lago Vittoria, ricco di isole e baie. Superati i Monti della Luna, abbiamo volato sull'immensa foresta del bacino del Congo, nascosta alla vista da un'impenetrabile foschia. Avvicinandoci a Luanda la foschia ha lasciato il posto a gigantesche nuvole scure ed indistinte nella parte inferiore, candide e torreggianti nella parte superiore: somigliavano a maestosi e invincibili galeoni diretti a ovest, verso le Americhe.
Infine Luanda, con lunghe file di navi parcheggiate su più linee nell'Oceano fuori dal porto, in attesa di scaricare materiali e attrezzature per questo gigantesco cantiere che è la capitale dell'Angola. Anche a terra se ne vedono i segni ovunque: ciuffi di grù segnalano gruppi di nascenti grattaceli, strade nuovissime a 3 o 4 corsie si alternano a tratti ancora in costruzione, dove si creano giganteschi imbottigliamenti; la spiaggia dell'Isola, dove ci sono le "mie" Suore Salesie, è sconvolta dai lavori in corso e che porteranno all'allungarsi per chilometri del tratto già sistemato: un'ampia passeggiata lungo la spiaggia, con piste per il jogging e attrezzi per la ginnastica sparsi a gruppi ogni poche centinaia di metri. Il traffico è in molte zone ancora infernale, anche per l'eccessivo numero di enormi, costose e inutili SUV, anche questo segno della ricchezza che si sta riversando su alcuni in alcune parti dell'Angola, mentre il resto del Paese e della sua popolazione deve attendere con (im)pazienza il proprio turno. Mi dicono che è in costruzione un nuovo aeroporto internazionale mentre le zone residenziale, di bei villini o sordide baracche, si estendono ovunque, anche lungo i bordi franosi delle colline che in alcuni punti arrivano fin sul bordo dell'Oceano: le frane si vedono benissimo dall'aereo e così le costruzioni a rischio, ornai sul loro bordo.
A cena siamo stati portati in una economica trattoria nell'Isola, la lunga lingua di terra che separa il golfo di Luanda dal mare aperto. Il conto è stato un'amara sorpresa: 38 dollari per 5 gamberotti (non erano gamberetti ma neanche tanto grossi!) alla griglia e 2 patatine fritte mosce: non me lo posso proprio permettere!
Il volo è stato molto bello e vario: il sole è sorto illuminando i laghi della Rift Valley etiopica giù giù fino al Lago Turkana con le sue rive coperte per chilometri verso l'interno dal fitto reticolo di erosioni provocate dai torrenti che vi scorrono nella stagione delle piogge (fino ad agosto); poi abbiamo superato il massiccio del Monte Moroto passando in Uganda, sopra al nostro vecchio ospedale di Matany; quindi abbiamo sorvolato il Lago Kyoga, praticamente un vasto impaludamento del Nilo Bianco, e la riva settentrionale del Lago Vittoria, ricco di isole e baie. Superati i Monti della Luna, abbiamo volato sull'immensa foresta del bacino del Congo, nascosta alla vista da un'impenetrabile foschia. Avvicinandoci a Luanda la foschia ha lasciato il posto a gigantesche nuvole scure ed indistinte nella parte inferiore, candide e torreggianti nella parte superiore: somigliavano a maestosi e invincibili galeoni diretti a ovest, verso le Americhe.
Infine Luanda, con lunghe file di navi parcheggiate su più linee nell'Oceano fuori dal porto, in attesa di scaricare materiali e attrezzature per questo gigantesco cantiere che è la capitale dell'Angola. Anche a terra se ne vedono i segni ovunque: ciuffi di grù segnalano gruppi di nascenti grattaceli, strade nuovissime a 3 o 4 corsie si alternano a tratti ancora in costruzione, dove si creano giganteschi imbottigliamenti; la spiaggia dell'Isola, dove ci sono le "mie" Suore Salesie, è sconvolta dai lavori in corso e che porteranno all'allungarsi per chilometri del tratto già sistemato: un'ampia passeggiata lungo la spiaggia, con piste per il jogging e attrezzi per la ginnastica sparsi a gruppi ogni poche centinaia di metri. Il traffico è in molte zone ancora infernale, anche per l'eccessivo numero di enormi, costose e inutili SUV, anche questo segno della ricchezza che si sta riversando su alcuni in alcune parti dell'Angola, mentre il resto del Paese e della sua popolazione deve attendere con (im)pazienza il proprio turno. Mi dicono che è in costruzione un nuovo aeroporto internazionale mentre le zone residenziale, di bei villini o sordide baracche, si estendono ovunque, anche lungo i bordi franosi delle colline che in alcuni punti arrivano fin sul bordo dell'Oceano: le frane si vedono benissimo dall'aereo e così le costruzioni a rischio, ornai sul loro bordo.
A cena siamo stati portati in una economica trattoria nell'Isola, la lunga lingua di terra che separa il golfo di Luanda dal mare aperto. Il conto è stato un'amara sorpresa: 38 dollari per 5 gamberotti (non erano gamberetti ma neanche tanto grossi!) alla griglia e 2 patatine fritte mosce: non me lo posso proprio permettere!
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