domenica 19 agosto 2012
aggiornamento di Ferragosto
venerdì 6 aprile 2012
Angola 22 Gennaio-17 Febbraio 2012
(quasi un diario del dr. Massimo Brenna - chirurgo)
… Sto finalmente per arrivare! Sono 2 giorni che viaggio, ho un po’ di nausea da auto che sobbalza sullo sterrato degli ultimi km prima dell’ospedale di Chiulo: sono in Angola, nell’ Africa di Sud-Ovest, un paese grande 5 volte l’Italia con 1/3 della nostra popolazione (neanche 20 milioni di abitanti); di cui 5-6 milioni vivono a Luanda, la capitale. Questa volta sono solo: Veronica (mia figlia infermiera) che era venuta con me 2 anni fa in Sudan doveva lavorare.
Fuori caldo, un po’ umido (non troppo), paesaggio tipico d’Africa con la Savana che si risveglia dalla stagione secca: l’erba comincia a rinverdire, i baobab sparsi qua e là sono pieni di foglie, ogni tanto qualche macchia di cespugli e piante. In più qualche rottame di blindato e carro armato, residui della guerra Civile ormai finita da 10 anni. Non vedo animali: mi dicono che se ne sono andati durante la guerra (almeno loro sono potuti fuggire!). Come in Sud-Sudan le Savane sono deserte di vita. E’ la morte dell’ambiente naturale d’Africa dove la natura è stata padrona per centinaia di migliaia di anni.
Consegne veloci: sostituirò il chirurgo (Giacinto, detto Cino) e la moglie internista (Alma). Mi aiuterà per circa 17-18 giorni la dottoressa Maddalena Rimediotti, specializzanda in geriatria che qui cura bambini! I letti sono tanti (circa 140 + 60 del reparto Tubercolosi) e molti sono i malati gravi. Ce la farò?
Il giorno dopo sono già in Sala Operatoria, subito dopo nei Reparti e poi ancora a visitare pazienti che vengono inviati dagli infermieri che fanno il primo filtro negli Ambulatori esterni. E’ un flusso continuo di gente che viene anche da molto lontano, a volte facendo a piedi oltre 10 km, perché non hanno soldi per pagare il trasporto (i soldi li hanno messi da parte per le visite e le medicine): eh si! in Africa i poveri pagano visita e medicine! Per noi (“ricchi”) che non paghiamo i servizi sanitari sembra assurdo ma senza quei soldi gli Ospedali, già malandati, non reggerebbero. La gente lo sa e lo condivide.
Ricordo in Etiopia un giovane affetto da gangrena ad una gamba in seguito ad un trauma che è giunto in Ospedale dopo 7 mesi, quando finalmente è riuscito a raccogliere i soldi per la visita e l’operazione! La prima settimana passa senza che mi accorga: vedo solo Ospedale, malati e la casa dei medici la sera dove ci si siede insieme al Coordinatore del progetto (Dr. Marco Pratesi) e all’amministratrice (Susanna Calcina). Momenti brevi di relax prima del “black out” : alle 23.00 si spegne il generatore e cala il buio. Ho ripreso a fare l’ostetricia e ginecologia: ormai era un po’ di anni che non la praticavo così intensamente.
Il progetto “maternità sicura” sta cominciando a dare i suoi frutti: sono aumentate le donne che vengono al consultorio pre-natale e poi a partorire in ospedale se hanno problemi. Oggi mi chiamano per valutare una donna che è alla 13° gravidanza e non riesce a partorire. E’ sfinita da 2 giorni di contrazioni, il bambino è ancora vitale ma bisogna fare in fretta. Confermo che occorre fare il taglio cesareo e chiedo alla signora se possono chiudere le tube: dice di no! Sono costernato, ma è cosi. Devo rispettare la sua volontà!
Domani devo amputare un dito della mano a Madò,una splendida bambina di 4 anni che ha subito una “mordedura de cobra” come dicono qui. Impossibile spiegare che se fosse stato un cobra sarebbe morta. Si tratta di vipera ed è già abbastanza. La piccola è in ospedale da 1 mese a medicare il dito che è ridotto ad un moncone irriconoscibile. Madò (Maddalena) entra in sala operatorio in braccio a me e mi sorride contenta,è da sola : la mamma non c’è da 1 settimana. E’ dovuta tornare al villaggio per curare gli altri bambini e recuperare un po’ di cibo. La bambina è stata “adottata” dalle altre mamme della pediatria che la curano, gioca con gli altri bambini,mangia quello che passa l’Ospedale e non si lamenta mai. Sembra uno dei nostri bambini,vero? Ho dovuto estendere l’amputazione al metacarpo (osso della mano), perché l’osso era infetto. Speriamo bene. In 3 settimane ho operato 3 pazienti per “mordedura de cobra” : ma quanti “cobra-vipere” ci sono? L’ultima,una donna di circa 25 anni,è arrivata con un ascesso al braccio sinistro e un’area di pelle necrotica di circa 20 cm. Dice che è stata morsa mentre dormiva nella capanna,quando si è svegliata per il dolore non ha visto il serpente. E’ stata al villaggio 5 giorni,poi quando è salita la febbre ed è cominciato ad uscire il pus è venuta in Ospedale. Mi domando : ma sarà davvero un serpente,oppure un ragno? Oppure un insetto e il morso ha fatto infezione? Mah!
…Maledetto portoghese! Mi dimenticavo : in Angola si parla portoghese. Sono sempre stato in paesi di lingua Inglese e Swahili. Questa volta non c’erano colleghi chirurghi che conoscevano il portoghese, disponibili a partire in questo periodo. Perciò mi sono messo a studiarlo per un paio di mesi. Pensavo fosse facile! Dopo 1 settimana mi si confonde tutto nella testa,capisco poco e parlo peggio. Ma vado avanti. Alla fine questi infermieri Angolani sono simpatici e svegli. In qualche modo mi capiscono e hanno pazienza. Ogni tanto ridono : non so perché ma immagino di aver detto qualche bestialità! Qualche volta sbarrano gli occhi e allora mi rendo conto di aver parlato in Inglese o in Swahili che mi vengono spontanei. Ora capisco cos’era la torre di Babele!
Sono le ore 14.30 : fa caldo,sono in Ospedale dalle 8.00 no-stop,ho fatto un cesareo urgente,il giro in 3 reparti e sono cotto. Devo rientrare un salto a casa per fare pipì,bere e mangiare qualcosa,tirare il fiato. Passo davanti alla sala visite : ci sono almeno 30 occhi che mi guardano,tra cui molti bambini. Stanno aspettando da alcune ore per essere visitati. Distolgo lo sguardo! Dico all’infermiere che vedrò di fare in fretta. C’ è gente che deve rifare 10 km a piedi per tornare a casa,magari col bambino sulle spalle,e non ha mangiato nulla. Non ho la loro resistenza..devo staccare un attimo!
A casa mi aspetta Cristina,una signora di 65 anni che fa la domestica per i medici che ho sostituito e che ho temporaneamente “ereditato”. Tutte le mattine cammina per 1 ora e mezza per venire a lavorare. E’ preoccupata perché non mangio a mezzogiorno. Mi ha preparato riso e un sugo al pomodoro per condirlo. Le spiego che non ho tempo per sedermi. Vedo che ci resta male. Allora mi accordo per un caffè e un po’ di frutta e le prometto che mangerò tutto alla sera. Intanto le chiedo se può comperarmi un po’ di patate e qualche birra al mercatino poco distante che si tiene sotto un grande albero. Quando torna ha con sé una cassa di birra,mi dice che venderà qualche bottiglia nel suo villaggio per guadagnare qualcosa. Ma come la porterà? In testa,ovviamente! E per almeno 10 km! E io che mi sento stanco perché ho fatto un po’ di lavoro continuato per qualche ora e ho 10 anni meno di lei!!! E’ meglio ricominciare e anche in fretta. Saluto Cristina -“Até segunda feira (a lunedì)- dico io - “Até amanha (a domani-domenica)- dice lei,perché vengo a messa. Giusto per non perdere l’allenamento,meglio camminare anche domenica per 3 ore tra andata e ritorno!
Appena rientro mi chiama la pediatra che mi chiede se posso darle un consiglio per una bambina di 7-8 anni giunta con convulsioni e con febbre alta. Sembra una malaria cerebrale o una meningite. Non abbiamo test di laboratorio a disposizione per la meningite, il test rapido per malaria è negativo. Eseguo la puntura lombare e il liquido sembra limpido : non è meningite. Cosa sarà? Forse è solo un infezione delle vie respiratorie,una polmonite,ma adesso è in coma. Ha avuto convulsioni per troppo tempo senza essere adeguatamente sedata. Ci vorranno giorni di antibiotici e cure per vederla lentamente riprendersi ma non saprò mai se sono residuati dei danni cerebrali permanenti. Mi sento inadeguato e impotente. Sono un chirurgo,non conosco bene la pediatria,sono troppi anni che non la pratico… penso anche che da noi in Europa,abbiano un sacco di specialisti ed esami a disposizione. Forse avrei potuto curarla meglio! Ma siamo in Africa. La vita,la malattia e la morte sono come un fiume che scorre : non c’è modo di fermarlo, né di deviarne il corso. Si può provare a navigarci ma si rischia di affogare se si vuole andare contro corrente.
Questa notte voglio dormire. Comincio a non poterne più. Sono 10 giorni che sto in Ospedale e non ho visto nulla al di fuori di esso. Piove e rinfresca,mi addormento… suona la campanella alla porta : sono le 2 e l’infermiere del reparto uomini mi dice che un paziente è grave. Quando arrivo è morto da 15 minuti. Aveva 20 anni,affetto da TB e AIDS,ricoverato per polmonite grave. Non ce l’ha fatta. Ma aveva poche possibilità! Non abbiamo più farmaci anti-tubercolosi in Ospedale,li abbiamo finiti da quasi 1 mese. In tutta l’Angola scarseggiano,è un emergenza nazionale : la tubercolosi è un vero flagello qui in Angola,peggio dell’ AIDS che affligge circa il 6% della popolazione. Poco (sic!) rispetto alle medie di altri paesi africani.
Un’ala del reparto uomini è occupata da carcerati che provengono dalla prigione poco distante : ci sono circa 30 malati,tutti uomini dai 18 ai 27 anni e tutti affetti da TB e AIDS. Sono letteralmente stipati in una stanza di 30 metri quadrati che viene chiusa con un lucchetto durante la notte e sorvegliata a vista da guardie carcerarie,ma sono così debilitati che anche volendo non riuscirebbero a scappare. Rientrando a casa spengo la pila e subito mi accorgo che c’ è luce per terra;non è la luna che in questi giorni è assente. Alzo lo sguardo e mi ritrovo stupito a guardare la meraviglia del cielo notturno africano : un libro scritto da milioni di stelle,incredibilmente distinte e luminose che a me sembrano anche più vicine. Forse il cielo si abbassa in Africa? Mi ritrovo a pensare ai navigatori e viaggiatori di un tempo che avevano nella volta celeste il loro “navigatore satellitare”. Rientro e chiudo gli occhi ma continuo a vedere le stelle, poi diventano gli occhi dei pazienti che mi guardano, poi i denti bianchissimi del sorriso dei bambini…
Ciao Mari, come stai? Io sto bene al caldo, mentre voi lì congelate a -15 gradi. Finalmente riesco a connettermi con casa, parlare con moglie e figli e sapere che c’è stato il terremoto ed è arrivato l’inverno. A casa stanno bene, sono contento di averli sentiti. I fili dei sentimenti sono molto tirati a 6.000 km di distanza.
Oggi ho sala operatoria programmata. Davanti all’ ingresso del blocco operatorio il selciato di cemento dei corridoi delle verande è ricoperto di escrementi di capre! Mi arrabbio. Pretendo che venga tutto ripulito in fretta. Gli infermieri e gli inservienti si danno da fare con rapidità, ma non è colpa loro. L’ospedale è un caravan serraglio di animali in libertà: mucche, asini, capre, maiali, galline, gatti e cani malconci. Parte di questi animali sono proprietà dei parenti al seguito dei malati. Qui funziona così: i malati, giovani e anziani, sono seguiti dai familiari che li accudiscono senza abbandonarli un solo momento (ma non eravamo noi europei il popolo civile e gli africani i selvaggi?). Sono i parenti che preparano il cibo per i pazienti ricoverati. Per far questo si accampano per giorni nei dintorni dell’ospedale con le vettovaglie portate da casa e con qualche animale al seguito magari domestico (vedi cani e gatti) o per uso alimentare (vedi galline). Questi animali scorazzano liberamente nei prati tra i reparti, inseguiti a volte dai bambini che si divertono alle loro spalle. Un povero cane magrissimo sta fuggendo da 3 bambini che lo tormentano tirandogli i sassi … forse ha rubato loro un boccone di cibo! Il Dr. Pratesi mi racconta che questo è un tema in agenda da tempo ma di difficile risoluzione. Si sta cercando di trovare uno spazio per uomini e animali al seguito. Qui tutto diventa un problema ma per gli africani non sembra così grave: forse hanno ragione loro. Senza cibo e senza famiglia i pazienti peggiorerebbero rapidamente. Forse allora val bene la pena di sopportare qualche caccola di capra sul corridoio.
Maddalena mi chiama ancora; mi chiede se controllo una mamma che è da 3 giorni in pediatria con il bambino malato di polmonite. Sembra più malata lei del figlio: ha una gravidanza extra-uterina in atto, cioè fuori dall’utero con una emorragia grave. E’ così da 3 giorni, con forti dolori all’addome ma non diceva nulla perché il suo bambino stava male. Per fortuna siamo ancora in tempo: perderà solo un ovaio ma potrà ancora avere figli. E’ forte, si riprende in fretta e anche il piccolo guarisce bene. Questa volta è andata bene. Siamo contenti, stasera festeggiamo: Cristina ci ha preparato gallina e patate arrosto. Ci sta anche una birretta.
Per la prima volta abbiamo 1 ora per fare un giro a piedi. Che meraviglia poter camminare un po’! Passiamo la chiesa e andiamo verso il fiume che in questo periodo dell’anno è molto asciutto. Il Cunene, regione del Sud dell’Angola, è un altipiano sui 1000-1200 metri d’altezza, con terreno argilloso; quando piove tutto diventa palude: il fiume di 30 metri di larghezza diventa 5 km. Ci sono dei bambini che fanno il bagno nelle pozze d’acqua, mamme che lavano i vestiti, donne e ragazze che portano secchi e brocche d’acqua sulla testa. Mi sono sempre chiesto da cosa derivi il portamento regale delle donne africane. Mi passa davanti una ragazza con una bottiglia di plastica da mezzo litro sulla testa che si gira come se niente fosse e la bottiglia resta perfettamente in equilibrio : un gioco di prestigio. E’ un’armonia perfetta tra il tronco, le gambe, le spalle, il collo e la testa : crescono così fin da piccole.
Arriva una moto, ci sono due infermieri a bordo. Sono venuti a chiamarmi (sapevano dove stavo andando), dicono che c’ è un problema in maternità. Ok, si rientra in fretta, altro cesareo. Tutto bene : esce il bambino, respira bene, piange con vivacità. Improvvisamente si spengono le luci: si è rotta la lampada scialitica. Le luci della sala non bastano, ho la pancia aperta e l’utero aperto, devo ancora togliere la placenta e non vedo più niente. Ricorro alla luce frontale che ho portato da casa e che uso in bicicletta e a 2 pile potenti che altrettanti infermieri imbracciano appollaiati dietro alle mie spalle. Ce la facciamo, alla fine va tutto bene, ma sono sudato. Era l’ultima lampada scialitica funzionante, da adesso non ne abbiamo più.
Passo il resto del pomeriggio con Marco a controllare i “relitti” delle altre lampade che hanno fatto la stessa fine, le batterie all’interno non ci sono più da anni, i circuiti sono stati by-passati artigianalmente per consentire un qualche funzionamento, in poche parole inutilizzabili. Come facciamo? Senza lampada è veramente impossibile operare. Marco escogita una soluzione ingegnosa, utilizza un carica batterie che trasforma la corrente dell’impianto erogata a 220 volts in 12 volts. Questa soluzione ci permette di usare la “scialitica” che funziona con lampadine a 12 volts. C’ è un inconveniente: i fili sono agganciati ai morsetti del carica batterie completamente scoperti e al minimo movimento si perde il contatto. Proviamo, è rischioso ma si può fare. Del resto non abbiamo alternative, se non trasferire i pazienti urgenti in altri ospedali; il più vicino è a Ondjiva, a circa 2 ore di auto su strade sterrate piene di buche.
Di nuovo maternità: questa volta la donna è arrivata troppo tardi, dopo 2-3 giorni di tentativi di partorire a casa. Non si sente il battito cardiaco del feto,faccio un ecografia e si conferma la morte intra uterina. Ancora peggio: c’è una placenta previa, cioè la placenta è sulla via d’uscita del feto. Se partono le contrazioni rischia un emorragia gravissima. Giusto il tempo di pensarlo e le contrazioni cominciano davvero. Fare un taglio cesareo per un bambino morto è una brutta esperienza, però almeno la vita della mamma è salva.
Oggi si festeggia: Maddalena, la pediatra, sta per rientrare in Italia e ha organizzato un piccolo party in reparto. Lei e Susanna gonfiano quei palloncini che spesso si vedono alle fiere anche da noi, sono lunghi e stretti e li puoi modellare in varie forme. I bambini sono tutti lì ma non si accalcano, non gridano, non pretendono … aspettano che venga il loro turno per averne uno. Madò (la piccola con il dito amputato) mi salta in braccio. Tutte le volte che mi vede sembra mi voglia ringraziare ... e io le ho portato via un dito!
Seconda uscita: abbiamo 1 ora per andare al mercato grande del villaggio di Chiulo, sono circa 2 km che facciamo volentieri a piedi. Quando arriviamo ci tuffiamo tra le bancarelle coloratissime di tessuti, bibite, barattoli e un po’ di frutta (finalmente). Dura poco: c’è un ragazzo per terra incosciente con la bava alla bocca davanti ad un chiosco che vende bibite. Puzza di alcool, lo conoscono e dicono che è sempre ubriaco, è un poveraccio. Nessuno si muove; forse hanno ragione loro ma non riusciamo a far finta di nulla … potrebbe aver avuto delle convulsioni. Chiamiamo l’ambulanza dell’ospedale e lo trasferiamo in un letto per osservarlo: fine della passeggiata. Ho fatto in tempo a comperare delle arance. Vado verso casa, passo davanti alla pediatria e incontro Madò, le regalo un’arancia. Mentre la mangia con la gioia negli occhi mi vengono in mente troppi pensieri, troppi paragoni e mi si stringe la gola; meglio tornare rapidamente in casa, non sta bene piangere alla mia età.
Ormai è quasi finita, sono gli ultimi giorni. Questa domenica mi piacerebbe finalmente assistere alla S. Messa. Mi chiamano in ospedale alle 6 : un carcerato muore per l’ AIDS e la TB, non posso far nulla di più che assisterlo. Rientro intorno alle 9.30, la Messa degli adulti è già finita, però c’è quella dei bambini alle 10.30. Ci vado. Sono nell’ultima fila e ascolto le belle voci del coro che canta quasi ad ogni passaggio del cerimoniale, la predica è in portoghese: incredibile, capisco quasi tutto! Però è facile, è la parabola del lebbroso guarito da Gesù. Il prete fa il paragone con i malati ricoverati in ospedale, è una bella predica, semplice e diretta e usa parole ed esempi concreti che possono capire anche i bambini. Che bello, capisco il portoghese di livello infantile!
Ultimo giorno. Sono morto di stanchezza, l’ esperienza è stata molto intensa, non solo fisicamente; forse ancora di più per l’impegno emotivo. Ho davanti agli occhi centinaia di volti e voci che chiedono aiuto sommessamente, senza urlare né protestare, per ritardi o presunte incompetenze o mancanze. Ho voglia di dormire, domani parto alle 7.
Solita chiamata delle 2 di notte: anche l’ultimo giorno, maledizione! C’è una bambina di 7 mesi che sta molto male. Mi ricordo che Marco mi ha accennato al problema, questa mattina l’aveva ricoverata dopo aver diagnosticato una infezione respiratoria. Durante la visita aveva notato delle escoriazioni sul corpo, ha avuto un sospetto e ha fatto eseguire il test per la sifilide alla madre: positivo! Dopodichè ha fatto eseguire il test per HIV (AIDS): positivo! Conclusione: la bambina era affetta da polmonite come complicazione su sifilide e AIDS. Bravo Marco!
Mi cambio, afferro la pila e mi avvio. Passo zig-zagando tra i materassini e le stuoie dove dormono i parenti sulle verande, imbocco il corridoio verso la pediatria e nel cono di luce fatto dalla pila mi ritrovo a 1 metro da una grossa vipera arrotolata sul cemento! Mi si gela il sangue, ma subito mi accorgo che non si muove, è in una posizione poco naturale: è appena stata ammazzata dagli infermieri che sono venuti a chiamarmi. A guardarla da vicino è molto bella: la pelle è coperta da disegni triangolari di un colore che varia dal beige al marrone chiaro all’ocra, in perfetta tenuta mimetica per gli arbusti della savana. Questi “animaletti” hanno denti lunghissimi fino a 2 cm e in doppia fila. Così se dovessero spezzarsi i primi, infilati in qualche grossa preda che si dibatte, ecco pronti i secondi a salvare il povero animale dalla morte per fame. Ora finalmente capisco quella donna che mi raccontava di essere stata morsa nel sonno. La vipera era distante meno di 5 metri dalle persone che dormivano sulla veranda; di notte la temperatura scende e i rettili cercano volentieri le aree più calde.
Arrivo ancora un po’ scosso dalla bambina: è bellissima! Una bambolotta nera con i riccioli decorati da perline, occhioni grandi e spalancati, ma sta davvero male, rantola e ha le estremità cianotiche. Dovrei fare accendere il generatore per darle un po’ di ossigeno. Se accendiamo il generatore durante la notte c’ è il rischio che il motore, già molto usurato, non ce la faccia e così saremmo senza elettricità in tutto l’ospedale per un bel po’, forse settimane, forse mesi. Mentre sto combattendo con me stesso, lei mi toglie il disturbo: se ne va, lieve come un angelo.
Così ho chiuso con Chiulo: immagini di dolore e di speranza, disperazione e gioia. Dell’Angola ho visto davvero poco … ma questo “spezzone” di film vissuto mi ha raccontato tanto sulla gente che abita li, nel Sud del paese. Gente che conduce un’esistenza difficile con grande dignità. Non ho assistito allo spettacolo miserevole della richiesta di soldi a tutti i costi (come succede altrove) solo perché hai la pelle bianca e vesti meglio di loro. Questo mi dà una grande speranza che un popolo così possa farcela ad uscire dalla miseria. Noi, Medici con L’Africa, vogliamo stare con loro.
Dr. Massimo Brenna
Medici con l’Africa Como - Onlus
sabato 31 marzo 2012
risposta a LV
cara L,
Grazie per la mail di risposta all'ultimo post.
In 10 "turisti impegnati" in giro per l’Etiopia è un bell’impegno! E dove alloggerete nell’Ospedale di Wolisso? Hanno così tanti posti o simulerete un infarto collettivo per farvi ricoverare?
Si, la Direttora di Chiulo è una persona davvero molto valida ma anche con lei ci sono divergenze, in particolare perché non può prendere posizioni nette contro alcune persone che hanno comportamenti inaccettabili: continue assenze ingiustificate, svogliatezza patologica sul lavoro, coma alcoolico in servizio, occupazione abusiva di preziosi alloggi per le infermiere, pascolo di vacche-capre-asini-maiali nel terreno dell'ospedale (per cani-gatti-galline bisogna proprio rassegnarsi) e tanti altri problemi piccoli e grandi.
Come sempre, i problemi facili da risolvere sono stati risolti da tempo, quelli difficili, perché si scontrano con mancanza di norme da applicare con rigore o con l’esistenza di norme sociali, tradizionali, non scritte ma ancor più vincolanti di quelle legali, invece restano. Di quelli risolti non ci si ricorda più, quelli che restano sembrano ingigantirsi e per me è ancor più frustrante vedere che gli altri si aspettano che vengano risolti in quattro e quattr’otto e invece si trascinano per mesi o anni.
Non è per niente facile lavorare quaggiù … i problemi apparentemente insolubili compaiono nei campi e con i tempi dove meno te li aspetti. E non c’è la possibilità di dedicarci abbastanza tempo, per trovare una soluzione percorribile, per via legale o tradizionale, perché intanto ci si deve fare in quattro e in otto per risolvere altri problemi concreti: riparare i continui guasti delle auto e delle apparecchiature sanitarie senza riuscire a trovare tutti i pezzi di ricambio necessari, cercare di non far mancare combustibile, alimenti e farmaci all’ospedale senza riuscirci sempre, tappare i buchi nell’organico per le continue assenze (per malattie del personale e dei loro parenti, per funerali nella famiglia estesa -e qui le famiglie sono MOLTO estese!-, per prelevare i soldi dello stipendio nella capitale, distante oltre 2 ore di auto, per seguire lì o in città ancor più distanti, estenuanti e tortuose pratiche burocratiche necessarie per la pensione, l’avanzamento di carriera, il riconoscimento del servizio militare, l’iscrizione di figli e altri giovani parenti alle scuole superiori o all’università; per poi spesso trovare che il necessario collegamento internet non funziona o che il funzionario preposto non c’è e torna chissà quando … insomma un incubo! E anche la Direttora qualche volta si assenta, per gli stessi motivi personali o famigliari.
Bè, divertitevi in Etiopia … li sono più poveri e altrettanto disorganizzati di qui, ma forse la Polizia è meno arcigna.
Grazie della mail e ciao,
Marco
domenica 25 marzo 2012
piogge e tubercolosi
Carissimi,
qui nel Kunene la stragrande maggioranza della popolazione è ancora dedita all’agricoltura, fatta ancora con la zappa e tutt’al più con l’aratro tirato da buoi. E l’agricoltura dipende dalle piogge, non essendoci sistemi d’irrigazione. Ma quest’anno le piccole piogge, a ottobre e novembre, quando si pianta, non sono state seguite dalle consuete piogge modeste e irregolari ma comunque necessarie: le piogge sono cessate del tutto, i germogli si sono seccati e ora sono si arrivate le grandi piogge ma è ormai troppo tardi per piantare di nuovo … per metà aprile finiranno anche loro e poi sarà cielo sereno e sole a picco per mesi.
Così si prospetta una carestia e c’è già qualche paziente che chiede di non essere dimesso perché a casa hanno esaurito il raccolto dell’anno scorso, mentre qui polenta e fagioli finora non li abbiamo fatti mancare (ci ho messo 700 dollari anche io! chissà se l’ospedale potrà restituirmeli?). E molti pazienti con la Tubercolosi, che da qualche settimana sono seguiti da me, hanno un insieme di segni e di sintomi che potrebbero essere dovuti al beri-beri, malattia da carenza di Vitamina B1, in Italia ovviamente sconosciuta. Vedremo se somministrandogli la vitamina i sintomi miglioreranno … qui le diagnosi si fanno spesso così: si ipotizza che il malato abbia una particolare malattia, poi se la cura funziona allora era proprio quella malattia.
Ieri, 24 marzo, era la Giornata Mondiale della Tubercolosi e la direzione Provinciale di Salute il 21 ci ha comunicato che, non avendo soldi per organizzare alcunché nella capitale della Regione, la Giornata sarebbe stata celebrata a Chiulo, dove comunque c’è l’unico tubercolosario della Regione. Così in quattro e quattr’otto i giardini sono stati ripuliti, le pozze d’acqua asciugate, buoi-maiali-asini-capre cacciati fuori dall’Ospedale, i reparti lavati da cima a fondo e perfino è stato arrangiato un pranzo a base di pollo e patate fritte ma per i soli rappresentanti delle varie istituzioni. Sotto il grande albero che c’è all’ingresso dell’ospedale sono state disposte sedie, panche e un tavolinetto, la TV angolana ha piazzato i suoi treppiedi con telecamere, la Direttora Regionale della Salute Pubblica ha fatto un discorso, poi ne ho dovuto fare uno io, in italo-portoghese, temo, poi abbiamo visitato la tisiologia. Lì ho presentato alla Direttora Regionale una paziente che viene addirittura da Luanda, 1.600 km a nord di qui, mentre un’altra, che viene da Namibe, 350 km a ovest, non c’era perché è così migliorata che se ne sta sempre in giro; la signora di Luanda è poi stata intervistata dalla TV (ma ho chiesto alla giovane giornalista che prima chiedesse l’autorizzazione alla paziente, che non era affatto obbligata di farsi conoscere dall’intero Paese). Quindi il pranzo e un’altra intervista, stavolta solo a me nel mio ufficio nella Direzione dell’Ospedale. Tutto questo mio protagonismo non è dovuto ad un improvviso raptus megalomanico ma al fatto che la Dr.a Judite, la nostra ottima Direttora, è andata a Lubango, 250 km a ovest, e quindi io dovevo farne le veci, sennò è lei che se la sa cavare benissimo anche con conviti, discorsi e interviste.
Pare che finalmente ci sia una buona notizia proprio sulla Tubercolosi: da agosto il Programma Nazionale per la Lotta alla Tubercolosi invia in tutta l’Angola quantità insignificanti di anti-tubercolari; qui a Chiulo abbiamo resistito un po’ con l’aiuto del Cuamm e tassandoci noi medici ma i malati sono 400 ogni anno, con un costo complessivo insostenibile per noi e quindi già a dicembre avevo scritto al Municipio (che corrisponde alla nostra Provincia) chiedendo di provvedere loro, coi 2 milioni di dollari che annualmente ricevono per il solo settore sanitario, ad acquistare i farmaci per tutta la loro popolazione … ma allora non c’era stata risposta. Ora, però, è cambiato il capo del Settore Salute: il sig. Luis Salvador è un infermiere decisamente sovrappeso ma con un cervello pensante: in mezz’ora di colloquio ci siamo messi d’accordo, io ho scritto una nuova lettera con la stima di quanto ci vorrà per trattare 160 malati per 3 mesi e lui pare l’abbia fatta accettare dall’Amministratore Municipale (praticamente il Prefetto: qui non c’è il Presidente, eletto, come in Italia). Ora ci vorrà del tempo: richiesta preventivi, scelta del fornitore, acquisto e trasporto, ma insomma intanto tiriamo avanti coi farmaci nel frattempo procurati nuovamente dal Cuamm … col rischio che, spargendosi la voce che qui a Chiulo gli anti-tubercolari ci sono, verremo presto subissati da ondata di tubercolotici alla disperazione provenienti da tutta la Regione e oltre!
Cari saluti a tutti … e fatevi vivi!
Marco
domenica 4 marzo 2012
una settimana impegnativa
Finalmente una domenica di riposo, senza particolari
questioni urgenti da affrontare.
Oddio, ci sono tante cose da fare che mi aspettano nei
prossimi giorni e oggi ho approfittato della relativa calma per pianificarle e
prepararle.
Nei giorni scorsi ho già avuto l’incontro col nuovo
capo-laboratorista sulle apparecchiature e i reagenti di laboratorio da
acquistare per rilanciare quel servizio. Ma già domattina abbiamo fissato un
incontro con l’èquipe della Salute Pubblica (vaccinazioni, individuazione bambini
denutriti e persone HIV+, consultorio ostetrico, distribuzione zanzariere
impregnate di insetticida, tutte attività effettuate sia nell’Ospedale che, 3
volte per settimana, in 14 altre località del vastissimo Comune di Mucope,
quello dove si trova Chiulo) per presentar loro la dr.a Laura, la nuova medica
del Cuamm che coordinerà queste attività in tutta la Provincia, e per
presentare a Laura l’èquipe, le sue attività e i suoi problemi, che non sono
pochi, sia quantitativi (irregolarità nelle uscite, frequenti assenze dei
singoli infermieri e conseguente sospensione della relativa attività di cui
l’assente si occupava), sia qualitativi (insufficiente educazione sanitaria
verso i casi individuati, p. es. donne HIV+, madri dei denutriti, e mancata distribuzione
di alcuni farmaci: antimalarici e ferro alle gravide, Vitamina A a bambini e
puerpere).
Nei giorni successivi dovrò organizzare incontri con
l’èquipe delle statistiche per avere statistiche più complete e
qualitativamente migliori; poi con l’ambulatorio infermieristico per arrivare a
scrivere diagnosi corrette nei registri (e sui fogli dei singoli pazienti) in
modo che poi l’èquipe statistica possa finalmente raccogliere dati
epidemiologici (oggi non sappiamo quanti casi di malaria o diarrea o polmonite
ecc. curiamo ogni anno, né come ricoverati né come pazienti ambulatoriali; né
quindi sappiamo quali sono le 10 o 20 principali cause di malattia, messe in
ordine di numerosità, trattate in questo Ospedale … ma i Governativi sono messi
peggio: quello delle statistiche sanitarie è un problema generale in un
ambiente nel quale quei dati, quei numeri, praticamente non hanno significato).
Altro incontro sarà con l’èquipe che si occupa della
gestione dei farmaci: molto è già stato fatto sul controllo dell’entrata e
uscita dei farmaci ma resta ancora da correggere qualche errore e completare il
processo, p. es. dando a tutte le entrate dei farmaci un valore monetario anche
se sono donazioni, per sapere quanto consuma annualmente l’ospedale e quanti soldi
dovrebbe procurarsi se l’uno o l’altro dei donatori si facesse indietro.
Altro incontro, sempre sui farmaci, è invece conseguenza del
lavoro della prima èquipe, e coinvolge anche medici, ambulatorio
infermieristico e in pratica tutti gli infermieri che prescrivono farmaci:
quelli dei settori TBC-lebbra, AIDS, consultorio ostetrico; c’è da stimare il
fabbisogno annuale di farmaci e materiali di consumo, per dare la possibilità
all’Ospedale di programmarne l’acquisto trimestralmente o semestralmente, chiedendo
ai vari finanziatori di farsi carico di parte del fabbisogno complessivo in
base alle loro specificità: c’è chi si occupa dell’AIDS e sue malattie
opportunistiche, chi della salute materno-infantile, chi non vuole comprare
farmaci ma è disponibile ad acquistare materiale sanitario e di laboratorio e
attrezzature ecc. … un puzzle complesso che si può completare con successo solo
se si ha nero su bianco il quadro complessivo. Finora questo lavoro l’ho fatto
io, e prima di me altri medici del Cuamm, ma la Direzione dell’Ospedale deve
appropriarsene perchè è un’attività troppo importante, strategica, per
lasciarla esclusivamente nelle mani di stranieri.
Il problema, con questi incontri interni all’ospedale, ma
anche di quelli al di fuori, è che spesso mancano personaggi-chiave per un
motivo o per l’altro: altre riunioni altrove, funerali, parenti ricoverati qui
o altrove da assistere, esami scolastici, necessità di prelevare i soldi dalla lontana
banca, pratiche burocratiche da districare ecc., per cui è spesso necessario
fissarli per nuove date, perdendo così giorni e settimane.
Dovrò anche andare a Xangongo, capoluogo della nostra Provincia
di Ombadja, a parlare col Responsabile della Ripartizione della Salute per
ribadire 1) la necessità di un appoggio concreto al nostro Ospedale (abbiamo
chiesto 50.000 $/trimestre) e 2) la nostra richiesta di essere consultati
quando si fa la programmazione delle attività e spese sanitarie, perchè le
nostre conoscenze e la nostra esperienza, come Ospedale e come Cuamm, potranno
essere molto utili anche alla Provincia, alla quale il Governo dà molti soldi
ma che non ha esperienza di programmazione … e si vede.
A Xangongo dovrò anche incontrare il Presidente della
Provincia, per consegnargli l’invito del Vescovo a partecipare alla prima
riunione del Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale di Chiulo, fissata per
il 29 marzo nell’Episcopato; dovrò spiegargli perché il Vescovo si è deciso a
istituire un CdA, quali vantaggi si aspetta, quali sono i compiti dei suoi
membri, tra i quali anche lui è stato nominato.
E la stessa cosa dovrò fare con tutti gli altri membri che
ancora non ne sono al corrente: Direttore Regionale della Salute, un
Vice-Governatore Regionale in carica e uno in pensione, tutti da raggiungere a
Ondjiva, capoluogo della Regione.
Ma col dr. Eleuterio Hivilikwa, Direttore Regionale della Salute,
dovrò anche parlare della nostra Scuola Infermiere, alla quale manca ancora
qualche insegnante, e dell’inaccettabilmente prolungata mancanza di farmaci
anti-tubercolari, che dovevano essere inviati dallo specifico Programma
Nazionale, e della proposta che abbiamo pensato per affrontare questa
emergenza: calcolare storicamente quanti malati hanno le 6 Province del Kunene,
calcolare il conseguente fabbisogno semestrale di antitubercolari, chiedere il
preventivo del loro costo suddiviso per Provincia, chiedere al Governatore di
ordinare ai vari Presidenti di Provincia di acquistare i farmaci separatamente,
ognuno per i propri malati, ma dallo stesso fornitore, in modo da organizzare
un trasporto unico e una ripresa di trattamento unica in tutta la Regione, per
scongiurare migrazioni di pazienti ormai alla disperazione, visto che questa
assenza di farmaci si trascina da agosto!
Un’altra questione da affrontare a Xangongo è lo scottante
problema dei carcerati del Penitenziario di Peu-Peu, ad appena 7 Km dal capoluogo.
Il nostro è l’unico ospedale della Regione che li accetta quando si ammalano:
anche l’Ospedale di Xangongo, come l’Ospedale Regionale di Ondjiva, quando ne
ricevono qualcuno si limitano a prescrivergli una cura e non li ricoverano,
qualsiasi siano le loro condizioni. Così le Guardie Carcerarie quelli gravi
sono costretti a portarli da noi, che ci siamo organizzati mettendo le sbarre
alle finestre di uno stanzone del Reparto Uomini (sennò la notte li
ammanettavano ai letti). Ma data la gravità delle loro condizioni, dato che
quasi tutti hanno la TBC e/o l’AIDS (pochi hanno ferite da curare, ipertensione,
insufficienza cardiaca, asma, polmonite … insomma le altre comuni malattie
degli adulti) questi poveri carcerati si stanno accumulando e tra i loro letti,
messi di dritto e di traverso per farcene entrare di più, c’è appena lo spazio
per entrare di lato a visitarli; e quelli con l’AIDS che ancora non hanno la
TBC finiscono col prendersi anche quest’ultima, perché devono convivere con i
tubercolotici.
Insomma un bel po’ di attività, più che altro di
organizzazione e di relazioni interpersonali, che mi costringeranno a
confrontarmi con persone del tutto diverse, da Patricio, il povero
poliomielitico che partecipa alla gestione dei farmaci perché capisce qualcosa
di computer (e perché bisogna pur aiutarlo, essendo solo e ridotto a camminare
con le mani, seduto per terra, quando scende dalla sua vetusta tricicletta con
pedali a mano), ai Vice-Governatori e al Presidente di Provincia, gente di
potere, nominati dal Presidente della Repubblica in un Paese che per ora è solo
teoricamente multipartitico.
Non ci sarà da annoiarsi, tanto più che manca la Direttora
dell’Ospedale, in questi giorni in Italia per una serie d’incontri e conferenze
organizzate dal Cuamm e da alcuni suoi Gruppi d’appoggio: è lei che di solito
si fa carico degli incontri istituzionali, nei quali è molto abile, conoscendo
l’organizzazione del potere in Angola, i modi giusti per proporre certe
questioni, senza che l’Altro se le senta “imporre”. Una bella responsabilità
per me, straniero e quindi ignaro di troppi meccanismi, regole, rapporti ed
equilibri locali. Speriamo bene e che gli Altri che incontrerò siano tolleranti
verso la mia ignoranza! Fortuna che di solito verrà anche la dr.a Laura, che ha
sposato un angolano, il portoghese lo sa piuttosto bene e quindi mi aiuterà a
spiegarmi il meglio possibile.
A presto.
Marcodomenica 19 febbraio 2012
Chi fa da sè fa per tre ?
La Dr.a Maddalena, la pistoiese specializzanda in Geriatria
che si occupava della Pediatria, della Medicina Donne e della Tisiologia, è
partita domenica 12 e da quel giorno io ho dovuta sostituirla mentre al resto
dell’Ospedale, cioè Medicina Uomini, Chirurgia e Ostetricia, pensava il comasco
chirurgo Dr. Massimo. Con lui si lavorava molto bene, in un continuo confronto
di idee e conoscenze … certo le sue molto superiori alle mie, visto che da
sempre fa il chirurgo ospedaliero, prima in Italia e ora nel Canton Ticino,
mentre io per tanti anni mi sono occupato di medicina preventiva e non curativa
e anche qui a Chiulo mi occupo di come organizzare e gestire meglio l’Ospedale
e non della cura dei singoli malati.
Ma mercoledì è partito anche lui e così per 4 giorni, da mercoledì
a sabato compresi, sono rimasto proprio solo, con tutto l’Ospedale da seguire e
una varietà di casi impressionante. Per fortuna ci sono pochi bambini
ricoverati (neanche 30 … mai visti così pochi!) per cui in totale abbiamo meno
di 200 pazienti … comunque è stata dura. Devo dire però che la Medicina
Curativa da molte più soddisfazioni di quella Preventiva e del Management!
Intanto gli Infermieri mi hanno aiutato molto, facendomi
sentire senz’altro meno solo. Poi è una gran soddisfazione vedere una ragazzina
magrissima di 12 anni, con una polmonite gravissima, che sembrava dovesse
morire da un momento all’altro, prima riprendersi lentamente, poi vederla
seduta sul letto che mangiava da sola e infine andarsene con un gran sorriso sulla
faccia e la madre che mi ringraziava!
Purtroppo, non essendo io un chirurgo, ho dovuto trasferire
all’Ospedale Centrale di Ondjiva, la capitale di questa regione, 3 casi: una
16enne al suo primo parto ma col bacino ancora non ben sviluppato, che quindi
probabilmente avrebbe avuto bisogno del parto cesareo; una 22enne con dolore
addominale, massa nella fossa iliaca destra e test di gravidanza positivo,
quindi con una diagnosi obbligatoria di gravidanza extrauterina. A dire il
vero, quando mandiamo qualcuno a Ondjiva non sappiamo che fine facciano, come
li trattino; solo raramente qualcuno ha avuto occasione di tornare da noi e il
trattamento che gli hanno fatto di solito non ci è piaciuto, come la donna in
gravidanza con frattura del femore che avevamo mandato perché lì, tra i 40
medici in servizio, c’è anche un ortopedico, che in questi giorni è tornata con
un gesso che non serve a niente mentre ci aspettavamo che le mettessero delle
comuni placche e viti, permettendole tra l’altro un parto normale, ora molto
problematico con questa gamba che non può piegarsi sulla coscia … . Tornando a
Chiulo, il terzo trasferimento l’ho dovuto chiedere per una ragazzina di 14
anni investita da un camion qui vicino. E’ arrivata già in collasso per il
sangue perduto, pressione e polso non si sentivano; dalla gamba sinistra,
squarciata, sporgevano pezzi di tibia e perone; nella faccia interna della coscia
destra un profondo taglio dall’inguine al ginocchio esponeva i muscoli, come in
un libro di anatomia; indossati i guanti sterili ho potuto constatare che l’arteria
femorale, protetta da un muscolo, non era stata tagliata .. e d’altra parte, se
lo fosse stata, sarebbe morta dissanguata sul posto dell’incidente; ma la ferita
più grave era uno sfondamento del basso addome, appena sopra l’osso pubico: lì,
in profondità, non si vedeva un granchè, ma erano probabili frattura del bacino
ed emorragia interna. Ci siamo mobilitati tutti: i laboratoristi hanno misurato
l’anemia e soprattutto organizzato in poco tempo una trasfusione; nell’attesa
del sangue, donato da una zia, gli ho fatto mettere un suo sostituto, l’hemagel,
di cui abbiamo una buona scorta; intanto le infermiere della sala operatoria
fissavano e bendavano le ferite alla gamba e alla coscia, le sollevavano gli
arti per permettere al poco sangue rimasto di affluire meglio al cervello e
iniettavano antibiotici e antidolorifici .. insomma un “bel” momento come
équipe … non eravamo a “E.R. Medici in prima linea” ma era quanto di più simile
ci si potesse aspettare quaggiù. Alla fine l’abbiamo caricata sulla nostra
Ambulanza, regalataci recentemente dal Ministero della Salute, accompagnata
dalla zia che aveva dato il sangue, alla quale abbiamo dato una flebo da bere e
dei soldi per comprarsi qualcosa per
pranzo e sostituire il mezzo litro di sangue che aveva dato. L’ambulanza ha
forato ma, con tutte le buche che ci sono sulla pista, l’autista non se ne è
accorto subito ma solo quando ormai il pneumatico era a strisce,
irrecuperabile; tentando di sostituire la ruota il crick è sprofondato nella
sabbia per cui l’ambulanza si è inclinata improvvisamente e sono dovuti
intervenire passanti e altri automobilisti a dare una mano … tutto inutile: la
ragazzina è morta prima di arrivare a Ondjiva, e anche se ci fosse arrivata non
credo che si sarebbe salvata, vista la gravità delle lesioni riportate. Seconda
vittima dell’incidente, la nostra Ambulanza, priva ormai di ruota di scorta, è
inutilizzabile finchè non riusciremo a comprare almeno una nuova ruota.
Un altro trasferimento invece ho potuto evitarlo: una 25enne
al quarto mese di gravidanza ha abortito qui in ospedale ma la placenta non era
uscita e quindi le ostetriche mi hanno chiamato perché perdeva molto sangue. Non
c’è bisogno di essere chirurghi per fare un raschiamento uterino: il collo dell’utero
era ben aperto ma le ho somministrato ugualmente un antidolorifico e un
sedativo, per non farla soffrire minimamente; con lei profondamente
addormentata, usando lunghe pinze ad anelli e un apposito cucchiaio
raschiatore, ho accuratamente estratto l’abbondante materiale placentare, poi le
ho fatto somministrare un prodotto che aumenta la contrazione dell’utero, e
quindi blocca l’emorragia, e degli antibiotici; ieri l’ho dimessa con
antibiotici da prendere a casa (abita qui vicino) e se n’è andata sorridente, con
marito e familiari sorridenti anche loro: arrivederci tra 1 anno, per il nuovo parto!
Ma altri pazienti non ce l’hanno fatta in questi pochi
giorni: abbiamo finito i farmaci per l’epilessia e un giovane di 18 anni, che
non li prendeva da un paio di settimane, è arrivato in ospedale con convulsioni
continue; ho provato a dargli un antiepilettico di cui abbiamo ancora un po’ di
fiale, ma è ugualmente morto la notte successiva al ricovero; questa degli
epilettici è una questione particolare: l’ospedale ne seguiva solo 2 ma poi un
progetto finanziato dal CRS (Catholic Relief Service, la Caritas degli USA) ha
permesso di comprare un buon quantitativo di farmaci e di creare una rete di “attivisti”
che, oltre a occuparsi dei malati di AIDS (il bersaglio principale del
progetto) permette di seguire varie malattie croniche (tubercolosi, lebbra,
denutrizione infantile, ipertensione, insufficienza cardiaca ecc.) tra cui gli
epilettici e proprio tra questi ultimi il successo è stato superiore ad ogni
previsione: se ne sono presentati finora quasi 90, esaurendoci i farmaci che
avevamo ritenuto più che sufficienti; altri farmaci anti-epilettici (e anche
quelli per la tubercolosi, esauriti anche loro), che abbiamo comprato in Olanda,
sono bloccati a Luanda per problemi burocratici … speriamo possano arrivare
presto.
Un altro che non ce l’ha fatta è stato un neonato di 12
giorni, bello grassottello, che non aveva niente di preciso, non tosse, non
diarrea, non parassiti malarici nel sangue, eppure era grave ed è peggiorato
durante il ricovero per cui l’ho messo in trattamento antibiotico “pesante”,
ipotizzando una “sepsi neonatale”; alla fine cominciava anche a manifestare i
sintomi di una meningite e la cura era quindi adeguata però è stato comunque troppo
tardi e ieri notte se n’è andato.
Ieri sera, finalmente, è tornata dalle ferie la coppia di
anziani medici curanti, che quindi già oggi hanno ripreso in mano l’ospedale, sollevandomi
da questo stress a cui non sono più abituato.
Torno ai miei problemi di gestione ospedaliera, abbastanza soddisfatto
di come ho affrontato questa nuova breve ma impegnativa sfida.
Cari saluti a tutti.
Marco
venerdì 10 febbraio 2012
10 giorni di Passione
Domani, sabato, la dr.a Maddalena mi passerà le consegne
della Pediatria, della Medicina Donne, della Tisiologia e dei malati di AIDS perché domenica torna definitivamente in
Italia e io dovrò sostituirla. Mercoledì partirà anche il Dr. Massimo, il
chirurgo, e quindi resterò solo e dovrò seguire anche Medicina Uomini, Chirurgia,
Ortopedia e l’Ostetricia, cioè tutto l’Ospedale! Non essendo specializzato in
Chirurgia non posso operare e quindi dovremo trasferire ad Ondjiva, a due ore
di viaggio, chi ha bisogno di interventi chirurgici maggiori.
Già comincio a non dormire la notte! Ma soprattutto
dovrebbero essere i malati a non dormire tranquilli, poveretti! e fortuna che l’Ospedale
non è pieno: abbiamo finito i farmaci per la TBC e quindi molti tubercolotici
se ne sono andati, sperando di comprarli nelle farmacie private, e con le
piogge sono iniziati i lavori dei campi e quindi abbiamo meno di 200 ricoverati
in tutto.
Domenica o lunedì o quando i voli lo permetteranno,
torneranno finalmente dalle ferie i dr.i Giacinto e Alma e io mi farò
ricoverare alla neuro-deliri.
Oggi speravo di riposarmi, anticipando la domenica, e invece
ho dovuto cercare di riparare le lampade scialitiche della sala operatoria perché
ieri si è rotta l’ultima ancora in funzione: sono riuscito a ripararne una perché
le altre 2 avevano tutte le lampadine bruciate (naturalmente qui è impossibile
trovare lampadine così particolari) perché qualcuno aveva tirato via la
batteria da auto che le alimentava e aveva collegato i fili elettrici a 220 V
direttamente con le lampadine, che sono a 12 V, fulminandole istantaneamente! Qui
la gente in genere, e anche i nostri manutentori, non hanno nessuna cognizione
dell’elettricità e delle sue regole e così ho chiesto ad un tecnico mio amico,
che ha intenzione di venirmi a trovare nuovamente, di preparare una lezione
sull’elettricità, sperando che serva a chiarire un po’ di cose.
Anche l’illuminazione in casa di Giacinto e Alma, dove ora
abita Massimo, era saltata ma quella non sono riuscito a ripararla: i vari
interruttori generali funzionano, lì la corrente arriva e riparte, e quindi non
capisco proprio dove sia il guasto … per fortuna le prese funzionano ma sarebbe
bene ridare l’illuminazione alla casa prima che tornino i suoi abitanti
stabili.
Ciao a tutti
Marco
mercoledì 1 febbraio 2012
E finalmente a Chiulo !
E' esperienza generale che quando si va in ferie poi si trova non solo il lavoro accumulato ma anche qualche , di solito spiacevole, sorpresa. E così, appena son tornato, giù una valanga di problemi, vecchi e nuovi, aggravati dal fatto che, in mia assenza, nessuno qui ha ancora imparato a rimpiazzare i farmaci e i materiali sanitari di consumo prima che si esauriscano; così sono finiti alcuni reagenti di laboratorio (e altri erano già finiti da tempo) e vari farmaci. Per fortuna Felismina, la vecchia infermiera anestesista che gestisce il deposito dell'ospedale, Natalia, la giovane infermiera, e Patricio, il giovane poliomielitico, che avevo addestrato a registrare su carta e sul computer le entrate e uscite dei prodotti di consumo, hanno tenuto abbastanza aggiornati i due elenchi, per cui mi sono subito dedicato a stilare l'elenco delle cose da comprare urgentemente, dovendo però anche dividerle tra i 7 diversi piccoli e medi budget che abbiamo a disposizione per queste spese (1 del Governo, 1 del Municipio, 1 dell'Unfpa, 1 del Cuamm, 2 del CRS, 1 del Rotary): un rompicapo che fa perdere un sacco di tempo e che non sarà facile far padroneggiare dal personale locale: Felismina-Natalia-Patricio ma anche i medici italiani e i capo-sala che prescrivono i farmaci, cioè quelli degli ambulatori per esterni, della tisiologia, della Sezione AIDS, della Salute Pubblica ecc.
E poi oggi, alle 17, mi hanno chiamato perchè Felismina Maria, la capo-sala dell'AIDS, era in coma nell'ambulatorio-PS; Maddalena e Massimo, i due medici italiani che seguono i reparti, erano usciti a fare una passeggiata nei dintorni e quindi mi sono precipitato io, anche se di solito mi occupo di carte. In realtà qualcuno era riuscito a rintracciarli (qui non ci perdono mai di vista: siamo delle mosche bianche!) ed erano tutt'e due già accanto alla Felismina che si agitava in preda alle convulsioni; febbre, pressione molto alta, assenza di edemi alle gambe, polmoni normali, parassiti malarici nel sangue ... breve consulto tra tutt'e tre e rapida decisione degli interventi da effettuare, trasporto nel reparto Donne con tutto il personale e molti pazienti (molti hanno l'AIDS e conoscono molto bene Felismina Maria) a fare da ala al suo passaggio ... insomma ora è già migliorata e speriamo che non ci siano altre sorprese da parte sua.
Mentre Massimo andava a vedere dei nuovi casi chirurgici e Maddalena seguiva la Felismina, io sono andato in Pediatria per vedere se c'era qualche problema grave. Solo un nuovo ricoverato era davvero grave: 1 mese di età, prematuro, peso di 1,7 kg ... uno scheletrino; e anche la madre era scheletrica. Il bambino aveva un impiastro di medicina tradizionale sulla fontanella anteriore, non aveva fatto alcuna vaccinazione e la madre non si era fatta seguire durante la gravidanza, anzi aveva avuto un'eruzione cutanea su tutto il corpo; immediato il sospetto di sifilide ma il relativo reagente è tra quelli esauriti, quindi tratteremo per la sifilide tutt'e due, madre e figlio; poi alla madre faremo fare il test per l'HIV (se si è presa la sifilide magari è anche siero-positiva ... così magra!) e poi seguiremo il bambino per la grave denutrizione, faremo il test per la malaria ... insomma ha cominciato proprio male la sua vita!
E intanto ho dovuto sospendere la stima dei farmaci necessari e di stabilire con quali fondi comprare ognuno di loro! Ma ci sono anche dei fatti positivi ... ma ora torno ai "miei" farmaci.
Ciao a tutti.
Marco
E poi oggi, alle 17, mi hanno chiamato perchè Felismina Maria, la capo-sala dell'AIDS, era in coma nell'ambulatorio-PS; Maddalena e Massimo, i due medici italiani che seguono i reparti, erano usciti a fare una passeggiata nei dintorni e quindi mi sono precipitato io, anche se di solito mi occupo di carte. In realtà qualcuno era riuscito a rintracciarli (qui non ci perdono mai di vista: siamo delle mosche bianche!) ed erano tutt'e due già accanto alla Felismina che si agitava in preda alle convulsioni; febbre, pressione molto alta, assenza di edemi alle gambe, polmoni normali, parassiti malarici nel sangue ... breve consulto tra tutt'e tre e rapida decisione degli interventi da effettuare, trasporto nel reparto Donne con tutto il personale e molti pazienti (molti hanno l'AIDS e conoscono molto bene Felismina Maria) a fare da ala al suo passaggio ... insomma ora è già migliorata e speriamo che non ci siano altre sorprese da parte sua.
Mentre Massimo andava a vedere dei nuovi casi chirurgici e Maddalena seguiva la Felismina, io sono andato in Pediatria per vedere se c'era qualche problema grave. Solo un nuovo ricoverato era davvero grave: 1 mese di età, prematuro, peso di 1,7 kg ... uno scheletrino; e anche la madre era scheletrica. Il bambino aveva un impiastro di medicina tradizionale sulla fontanella anteriore, non aveva fatto alcuna vaccinazione e la madre non si era fatta seguire durante la gravidanza, anzi aveva avuto un'eruzione cutanea su tutto il corpo; immediato il sospetto di sifilide ma il relativo reagente è tra quelli esauriti, quindi tratteremo per la sifilide tutt'e due, madre e figlio; poi alla madre faremo fare il test per l'HIV (se si è presa la sifilide magari è anche siero-positiva ... così magra!) e poi seguiremo il bambino per la grave denutrizione, faremo il test per la malaria ... insomma ha cominciato proprio male la sua vita!
E intanto ho dovuto sospendere la stima dei farmaci necessari e di stabilire con quali fondi comprare ognuno di loro! Ma ci sono anche dei fatti positivi ... ma ora torno ai "miei" farmaci.
Ciao a tutti.
Marco
di nuovo a Luanda
L'aereo dell'Ethiopian Airlines diretto a Addis Abeba era pieno, soprattutto di anziani tedeschi, perlopiù sovrappeso. Siamo partiti con 40 minuti di ritardo ed ero quasi disperato perchè si prospettava la perdita della coincidenza per Luanda per la terza volta. Invece abbiamo guadagnato 10 minuti in volo, poi a Addis ci hanno fatto andare nella sala d'attesa del volo per Luanda senza passare dai minuziosi controlli, infine anche quel volo è partito in ritardo, quindi nessun problema. E poi nell'aereo, su oltre 300 posti disponibili, eravamo solo una quarantina, mai successo prima!
Il volo è stato molto bello e vario: il sole è sorto illuminando i laghi della Rift Valley etiopica giù giù fino al Lago Turkana con le sue rive coperte per chilometri verso l'interno dal fitto reticolo di erosioni provocate dai torrenti che vi scorrono nella stagione delle piogge (fino ad agosto); poi abbiamo superato il massiccio del Monte Moroto passando in Uganda, sopra al nostro vecchio ospedale di Matany; quindi abbiamo sorvolato il Lago Kyoga, praticamente un vasto impaludamento del Nilo Bianco, e la riva settentrionale del Lago Vittoria, ricco di isole e baie. Superati i Monti della Luna, abbiamo volato sull'immensa foresta del bacino del Congo, nascosta alla vista da un'impenetrabile foschia. Avvicinandoci a Luanda la foschia ha lasciato il posto a gigantesche nuvole scure ed indistinte nella parte inferiore, candide e torreggianti nella parte superiore: somigliavano a maestosi e invincibili galeoni diretti a ovest, verso le Americhe.
Infine Luanda, con lunghe file di navi parcheggiate su più linee nell'Oceano fuori dal porto, in attesa di scaricare materiali e attrezzature per questo gigantesco cantiere che è la capitale dell'Angola. Anche a terra se ne vedono i segni ovunque: ciuffi di grù segnalano gruppi di nascenti grattaceli, strade nuovissime a 3 o 4 corsie si alternano a tratti ancora in costruzione, dove si creano giganteschi imbottigliamenti; la spiaggia dell'Isola, dove ci sono le "mie" Suore Salesie, è sconvolta dai lavori in corso e che porteranno all'allungarsi per chilometri del tratto già sistemato: un'ampia passeggiata lungo la spiaggia, con piste per il jogging e attrezzi per la ginnastica sparsi a gruppi ogni poche centinaia di metri. Il traffico è in molte zone ancora infernale, anche per l'eccessivo numero di enormi, costose e inutili SUV, anche questo segno della ricchezza che si sta riversando su alcuni in alcune parti dell'Angola, mentre il resto del Paese e della sua popolazione deve attendere con (im)pazienza il proprio turno. Mi dicono che è in costruzione un nuovo aeroporto internazionale mentre le zone residenziale, di bei villini o sordide baracche, si estendono ovunque, anche lungo i bordi franosi delle colline che in alcuni punti arrivano fin sul bordo dell'Oceano: le frane si vedono benissimo dall'aereo e così le costruzioni a rischio, ornai sul loro bordo.
A cena siamo stati portati in una economica trattoria nell'Isola, la lunga lingua di terra che separa il golfo di Luanda dal mare aperto. Il conto è stato un'amara sorpresa: 38 dollari per 5 gamberotti (non erano gamberetti ma neanche tanto grossi!) alla griglia e 2 patatine fritte mosce: non me lo posso proprio permettere!
Il volo è stato molto bello e vario: il sole è sorto illuminando i laghi della Rift Valley etiopica giù giù fino al Lago Turkana con le sue rive coperte per chilometri verso l'interno dal fitto reticolo di erosioni provocate dai torrenti che vi scorrono nella stagione delle piogge (fino ad agosto); poi abbiamo superato il massiccio del Monte Moroto passando in Uganda, sopra al nostro vecchio ospedale di Matany; quindi abbiamo sorvolato il Lago Kyoga, praticamente un vasto impaludamento del Nilo Bianco, e la riva settentrionale del Lago Vittoria, ricco di isole e baie. Superati i Monti della Luna, abbiamo volato sull'immensa foresta del bacino del Congo, nascosta alla vista da un'impenetrabile foschia. Avvicinandoci a Luanda la foschia ha lasciato il posto a gigantesche nuvole scure ed indistinte nella parte inferiore, candide e torreggianti nella parte superiore: somigliavano a maestosi e invincibili galeoni diretti a ovest, verso le Americhe.
Infine Luanda, con lunghe file di navi parcheggiate su più linee nell'Oceano fuori dal porto, in attesa di scaricare materiali e attrezzature per questo gigantesco cantiere che è la capitale dell'Angola. Anche a terra se ne vedono i segni ovunque: ciuffi di grù segnalano gruppi di nascenti grattaceli, strade nuovissime a 3 o 4 corsie si alternano a tratti ancora in costruzione, dove si creano giganteschi imbottigliamenti; la spiaggia dell'Isola, dove ci sono le "mie" Suore Salesie, è sconvolta dai lavori in corso e che porteranno all'allungarsi per chilometri del tratto già sistemato: un'ampia passeggiata lungo la spiaggia, con piste per il jogging e attrezzi per la ginnastica sparsi a gruppi ogni poche centinaia di metri. Il traffico è in molte zone ancora infernale, anche per l'eccessivo numero di enormi, costose e inutili SUV, anche questo segno della ricchezza che si sta riversando su alcuni in alcune parti dell'Angola, mentre il resto del Paese e della sua popolazione deve attendere con (im)pazienza il proprio turno. Mi dicono che è in costruzione un nuovo aeroporto internazionale mentre le zone residenziale, di bei villini o sordide baracche, si estendono ovunque, anche lungo i bordi franosi delle colline che in alcuni punti arrivano fin sul bordo dell'Oceano: le frane si vedono benissimo dall'aereo e così le costruzioni a rischio, ornai sul loro bordo.
A cena siamo stati portati in una economica trattoria nell'Isola, la lunga lingua di terra che separa il golfo di Luanda dal mare aperto. Il conto è stato un'amara sorpresa: 38 dollari per 5 gamberotti (non erano gamberetti ma neanche tanto grossi!) alla griglia e 2 patatine fritte mosce: non me lo posso proprio permettere!
lunedì 23 gennaio 2012
ultime ore di ferie in Italia
Siamo a Roma con Bianca, mia moglie, a rivedere i pochi parenti rimasti. Continuo a ricevere e-mails dal Cuamm: che stress non riuscire a staccare neanche poche ore ed essere sempre raggiungibile, tra internet e cellulare!
Ho dovuto lasciare qui molti alimenti, libri di narrativa, utensili per la casa e qualche materiale sanitario perchè il tutto andava molto oltre i 23 kg per ognuna delle 2 valige permesse: all'esterno delle valige applicherò un foglio con scritto Hospital da Missao do Chiulo - Kunene - Angola, sperando che così mi lascino portare qualche kg in più del consentito: sempre questi patetici sotterfugi per aggirare queste difficoltà!
Altro ostacolo a Addis Abeba: l'aereo proveniente da Stoccolma-Roma arriva solo 80 minuti prima della partenza di quello per Luanda e quindi già 2 volte ho perso la coincidenza, restando bloccato a Addis per 3-4 giorni, fino al volo successivo. Inoltre l'Ethiopian mi ha già perduto 2 valige: ma perchè continuare ad utilizzarla, con tutte queste incertezze?
Infine l'ultimo ostacolo alla Dogana di Luanda, dove potrebbero farmi storie per le attrezzature sanitarie che "importo": poca roba, in realtà, giusto alcune cose che non riusciamo a procurarci in Angola ... speriamo bene. Anche lì potrebbero aiutarmi le etichette che indicano l'Ospedale di Chiulo come destinazione.
A Luanda non so dove mi ospiteranno: il Cuamm ha una casa di passaggio ma senza l'uso di cucina, quindi si pranza in ufficio, con gli altri membri italiani e angolani, ma per la cena è un problema. Se non è possibile andare a mangiare fuori, meglio stare dalle Suore Salesie, dove ormai sono di casa e mi trattano come uno di famiglia.
E dovrò trattenermi a Luanda un giorno in più per incontrarmi con Putoto e Atzori, della Direzione Cuamm di Padova, che ora sono a Chiulo per preparare 2 nuovi progetti sulla salute materno-infantile e che vogliono parlarne con me prima che ognuno torni nella propria sede di lavoro: l'unica possibilità è incontrarci a Luanda tra il 25 e il 26 (sempre che io non resti bloccato a Addis Abeba, naturalmente), rinviando al 27 la mia partenza per Ondjiva ... e intanto la povera d.ra Maddalena, la specializzanda in geriatria che è alla fine dei suoi 6 mesi di servizio a Chiulo, per un paio di giorni dovrà vedersela da sola con tutti i casi medici e pediatrici dell'Ospedale mantre il dr. Massimo seguirà tutti i casi chirurgici, ortopedici e ostetrico-ginecologici.
Ciao a tutti.
Marco
Ho dovuto lasciare qui molti alimenti, libri di narrativa, utensili per la casa e qualche materiale sanitario perchè il tutto andava molto oltre i 23 kg per ognuna delle 2 valige permesse: all'esterno delle valige applicherò un foglio con scritto Hospital da Missao do Chiulo - Kunene - Angola, sperando che così mi lascino portare qualche kg in più del consentito: sempre questi patetici sotterfugi per aggirare queste difficoltà!
Altro ostacolo a Addis Abeba: l'aereo proveniente da Stoccolma-Roma arriva solo 80 minuti prima della partenza di quello per Luanda e quindi già 2 volte ho perso la coincidenza, restando bloccato a Addis per 3-4 giorni, fino al volo successivo. Inoltre l'Ethiopian mi ha già perduto 2 valige: ma perchè continuare ad utilizzarla, con tutte queste incertezze?
Infine l'ultimo ostacolo alla Dogana di Luanda, dove potrebbero farmi storie per le attrezzature sanitarie che "importo": poca roba, in realtà, giusto alcune cose che non riusciamo a procurarci in Angola ... speriamo bene. Anche lì potrebbero aiutarmi le etichette che indicano l'Ospedale di Chiulo come destinazione.
A Luanda non so dove mi ospiteranno: il Cuamm ha una casa di passaggio ma senza l'uso di cucina, quindi si pranza in ufficio, con gli altri membri italiani e angolani, ma per la cena è un problema. Se non è possibile andare a mangiare fuori, meglio stare dalle Suore Salesie, dove ormai sono di casa e mi trattano come uno di famiglia.
E dovrò trattenermi a Luanda un giorno in più per incontrarmi con Putoto e Atzori, della Direzione Cuamm di Padova, che ora sono a Chiulo per preparare 2 nuovi progetti sulla salute materno-infantile e che vogliono parlarne con me prima che ognuno torni nella propria sede di lavoro: l'unica possibilità è incontrarci a Luanda tra il 25 e il 26 (sempre che io non resti bloccato a Addis Abeba, naturalmente), rinviando al 27 la mia partenza per Ondjiva ... e intanto la povera d.ra Maddalena, la specializzanda in geriatria che è alla fine dei suoi 6 mesi di servizio a Chiulo, per un paio di giorni dovrà vedersela da sola con tutti i casi medici e pediatrici dell'Ospedale mantre il dr. Massimo seguirà tutti i casi chirurgici, ortopedici e ostetrico-ginecologici.
Ciao a tutti.
Marco
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